Un gatto nero a Vicenza..
Approfitto di questo blog per raccontare una storia che mi è capitata alcuni anni fa. Una storia un po’ strana, che ha sicuramente a che fare con il potere occulto dei gatti.
Da una ventina di anni sono sostenitore della squadra di calcio del Lanerossi Vicenza. Ho detto “sostenitore” e non “tifoso” perché lo sono diventato partecipando ad alcune cene fra amici e condividendo il loro entusiasmo per la squadra veneta. Alla fine, mi sono affezionato anch’io alla squadra e ne seguo le vicende sportive con partecipazione emotiva. Tuttavia, gli ultras biancorossi si sono accorti che la mia passione per il Vicenza non era minimamente paragonabile alla loro e così mi hanno soprannominato “tifoso non tifoso”.
Ok, ma tutto questo cosa c’entra con i gatti? Intanto sapete bene che i vicentini sono soprannominati “magna gatti” e per questo motivo molte bandiere del Vicenza portano l’immagine di un gatto. Anche il mio gruppo “Quei da Fora – Colonia toscana” ha una bandiera con su stampato Felix Mio Mao.

In più, la mascotte del Vicenza si chiama “Gatton Gattoni” ed è la prima mascotte del calcio italiano. Già dal suo primo anno di vita, era la stagione 1994-95, contribuì a portare il Vicenza in serie A.
Mi è capitato qualche volta di andare col gruppo a vedere la partita allo Stadio Romeo Menti di Vicenza, come ad esempio il 20 maggio 2016, quando ci siamo fermati a dormire al Key Hotel, di fronte allo stadio.
Le trasferte vicentine sono stupende, i tifosi che vengono “da fora” sono considerati degli eroi per aver fatto tanti chilometri e vengono continuamente salutati e festeggiati per le strade di Vicenza e pure invitati a mangiare e soprattutto a bere per tutta la durata della trasferta. Quel giorno, ultima partita del campionato, si sfidarono Vicenza e Perugia. Finì 0 a 0, il pubblico rimase soddisfatto della partita e salutò per l’ultima volta in stagione i propri giocatori.

Noi rimanemmo fino a che la curva del Vicenza non si fu svuotata. Andando a salutare gli ultimi amici rimasti, mi accorsi che su uno dei gradoni dello stadio c’era poggiato qualcosa di scuro. Mi avvicinai e vidi che si trattava di un libricino, qualcuno lo aveva dimenticato o lasciato lì. Era l’edizione Mursia de “Il Gatto Nero” di Edgar Allan Poe.
A casa non ho più la televisione da almeno quindici anni e quando voglio seguire le partite di calcio utilizzo la radiolina, come facevo quando ero ragazzo. Vado indietro di sei mesi rispetto alla partita del Menti, siamo esattamente al giorno lunedì 16 novembre 2015. Dopo cena ascolto il programma sportivo su Radio 1 che trasmette il posticipo di campionato. Alla fine della partita non spengo la radiolina e mi accorgo così che alle 23.05 comincia un programma di letteratura, si chiama “Radio 1 Plot Machine”. Si tratta di un gioco radiofonico che va in onda ogni lunedì sera: il presentatore (Vito Cioce) legge l’incipit della settimana e tutti i radioascoltatori possono concorrere scrivendo una breve storiella (miniplot), partendo dallo stesso incipit.

I miniplot più belli vengono letti in trasmissione. I due prescelti vanno in finale, per poi decretare il vincitore della serata. Ricordo che partecipai subito alla trasmissione e il mio primo miniplot fu in ricordo del disegnatore Fernando Fusco, appena deceduto. Da allora non mi persi più una puntata. Nei sei mesi che precedettero Vicenza-Perugia i miei miniplot vennero letti al pubblico cinque volte, ma mai andai in finale, né tantomeno fui proclamato vincitore.
La puntata successiva alla trasferta vicentina iniziò alle 23.05 di lunedì 30 maggio 2016. Vito Cioce lesse l’incipit della settimana: “Morire, questo a un gatto non si fa…”
L’incipit dunque parlava di un gatto e della morte. Questo portò molti radioascoltatori a scrivere dei miniplot che avevano come protagonista un gatto nero, notoriamente foriero di sventura se ti attraversa la strada. Furono così tanti, che a un certo punto Vito disse: “per piacere, basta con i miniplot sui gatti neri!”
Il mio miniplot per fortuna non parlava di loro…
“Morire, questo a un gatto non si fa nella stagione degli amori.
Potevi lasciarmi almeno una riserva di croccantini,
o la combinazione del frigorifero, “padrone” ingrato!”
Con mia grande sorpresa, il miniplot venne scelto come primo finalista! L’altro miniplot finalista, ovviamente, parlava di un gatto nero. Questo mi faceva sperare che venisse premiato il mio, per l’originalità. La tensione saliva. A quel tempo il vincitore della puntata veniva decretato dal vincitore della puntata precedente. Vito si collegò telefonicamente con un signore di Ancona. La mia impressione fu che il signore, non abituato a parlare in pubblico, fosse fin troppo emozionato. Anche Vito se ne accorse, infatti non si perse in chiacchiere e gli chiese subito: “Dunque, chi è il vincitore della puntata?” E il signore di Ancona, con un filo di voce: “Il Gatto Nero!”

Non vi dico i Santi e le Madonne che ho tirato quella sera! Chissà quando mai mi sarebbe ricapitata un’occasione del genere. E infatti, per tornare in finale e stavolta vincere la trasmissione, dovetti aspettare lunedì 9 aprile 2018!
La domanda però rimase aperta e pure un po’ inquietante: perché il Gatto Nero aveva decretato la mia sconfitta? Perché non lo avevo onorato scrivendo un miniplot su di Lui? O forse perché ero tifoso di una squadra di “magna gatti”? Oppure perché lo avevo disturbato mentre stava prendendo il sole di maggio sui gradoni dello stadio Romeo Menti? O anche perché in quella settimana non avevo letto il racconto di Edgar Allan Poe? Ho tenuto il libricino nel cassetto fino a ieri, ma sono certo che sia stato lui, il Gatto Nero, a volermi punire per una qualche mia mancanza verso il mondo felino.
Oggi finalmente, 20 maggio 2024, a otto anni spaccati da quel giorno, inizierò a leggere il racconto e forse capirò qualcosa di più sul potere occulto dei gatti!