L’intelligenza del gatto
Il gatto usa la propria mente in modo libero: valuta, decide, agisce. E' un solista che ama risolvere i problemi. Gli umani spesso sottovalutano questo aspetto.
Il gatto ha una mente complessa. E questo è un dato oggettivo. La sua anatomia ne è la testimonianza.

Il cervello umano e quello felino non sono così diversi se non per dimensioni, poiché quello dei gatti è più piccolo ma se rapportato alla massa corporea nemmeno poi tanto ( 0,9% contro il 2,9% dell’uomo). Entrambi hanno cortecce cerebrali che funzionano in modo molto simile. Il cervelletto è la sede del controllo dell’equilibrio, della postura e del movimento e nel gatto è molto sviluppato. Questo spiega la sua abilità nell’arrampicarsi, contorcersi, muoversi e atterrare in piedi in caso di caduta. Il sistema limbico è composto da una serie di strutture poste alla base dell’encefalo ed è lì che vi è la sede delle emozioni, degli istinti, soprattutto quelli di sopravvivenza, come paura, rabbia e tutti quelli collegati all’alimentazion e al comportamento sessuale.
L’ipotalamo presiede all’emozione agli stimoli della fame e della sete, al ciclo sonno-veglia e a numerose altre funzioni che mantengono l’equilibrio fisiologico

Il gatto non si muove nel mondo tramite il semplice istinto ma è in grado di trasformare gli stimoli percettivi (visivi, olfattivi, uditivi ecc.) che riceve, in elementi che hanno per lui un significato ed un valore.
Il mondo esterno è complesso e sollecita il gatto in vari modi: presenta rischi, problemi da risolvere, occasioni, novità, panorami complessi da cui è necessario estrapolare elementi importanti.
Il mondo interno del gatto non è sempre uguale a se stesso: il gatto può vivere stati d’animo variabili a seconda delle situazioni fisiologiche ed emotive del momento. Per esempio, può provare un languore legato alla fame, torpore, stanchezza fisica, vigore, può avere delle variazioni del metabolismo, può sentirsi tranquillo o minacciato.
Sia i fattori esterni che i fattori interni possono quindi condizionare le sue elaborazioni mentali, influenzando il significato delle situazioni nel qui ed ora.

In altri termini, il gatto possiede strumenti cognitivi, di comprensione del mondo che variano al mutare di fattori esterni ed interni e che si dimostrano adeguati se coerenti con la realtà. La coerenza coincide con la produzione di piacere e di soddisfazione, obbiettivi a cui tendono tutti gli esseri viventi.
Il processo di elaborazione cognitiva del gatto è dato dalla capacità del cervello di trasformare i dati che arrivano dal mondo e dal corpo, in informazioni dotate di un significato che gli permetteranno di agire in quella precisa situazione per ottenere un obiettivo. L’elaborazione richiede perciò un insieme di operazioni mentali in grado di tradurre i dati in un’informazione di sintesi adeguata alla realtà del momento.

Un gatto vede un uccellino ovvero lo estrapola dal panorama complesso che lo circonda e si focalizza su di lui. E’ il movimento dell’uccellino che evoca in lui il predatorio, una motivazione che ha innata, inscritta nel suo dna. Non agisce in modo impulsivo, ma grazie alla sua capacità di concentrazione, studia la situazione. In base alle sue esperienze pregresse, associa quell’uccellino a una preda già conosciuta e recupera il ricordo delle strategie sperimentate. Il gatto si prefigge un obbiettivo e lo persegue. In questa caso uccidere la preda.
Lo schema cognitivo base che gli permette di agire è chiamato dai TOTE, un acronimo che sintetizza i seguenti passaggi: Test, il gatto valuta la situazione; Operate, agisce in base alle valutazioni fatte; Test, verifica se l’obbiettivo è stato raggiunto; Exit, se è soddisfatto, esce da questa situazione e passa ad altro.
In queste sequenze entrano in gioco una serie di facoltà mentali che il gatto possiede in modo molto raffinato: memoria operativa, capacità di correlare situazioni, capacità di fare collegamenti causa- effetto, di raggruppare in categorie e di distinguere, capacitò di concentrazione e autocontrollo, capacità di attendere e di agire tempestivamente, capacità di mantenere la persistenza di un oggetto– preda anche se questo si nasconde.

Quando diciamo, quindi, che il gatto è cacciatore, generalmente non teniamo in considerazione tutti questi elementi e interpretiamo l’atto predatorio come un automatismo. Questo suo interesse a cacciare, sollecitato dal movimento della preda, è certamente innato ed inscritto nel suo dna ma il processo cognitivo che coordina azioni ed emozioni è ben più complesso e ha a che fare con la sua esperienza. L’ innato si intreccia con ciò che è appreso e ciascuno diventa un volano l’uno per l’altro.

Di fronte alla complessità della mente felina, diventa chiaro come sia nostra responsabilità, garantire, – soprattutto se il gatto vive in appartamento-, una vita ricca di esperienze, proprio per poter rispettare la sua natura. Il gatto è un intreccio di interessi, emozioni ed elaborazioni mentali. Il suo delicato e ipersensibile sistema sensoriale riesce a mantenersi in equilibrio, attraverso l’utilizzo quotidiano dei suoi strumenti cognitivi e la possibilità di espressione dei propri interessi di specie.
Senza tutto questo, il resto diventa noia.
Sei riuscita a rendere semplice e chiaro un argomento abbastanza complesso!!
Complimenti, bellissimo articolo 😍
Un articolo ricco di informazioni scientifiche ma incredibilmente chiaro , in pochi minuti di lettura ho potuto comprendere concetti sui gatti che ignoravo! Grazie!
Questo commento mi conforta molto perché era il mio obbiettivo ! Grazie