Gatti e Bambini
Cosa fare se ho un bambino e arriva un gatto? E se ho un gatto e arriva un bambino? Riflessioni e spunti per una felice convivenza multi specie...
Viviamo in una società industrializzata, iper connessa e digitale. Non a caso i nati nel nuovo millennio sono definiti “nativi digitali”. I bambini passano molto tempo seduti tra i banchi di scuola e impegnati in attività extra scolastiche. Nel tempo libero hanno accesso a smartphone, videogiochi e tv con interazioni per lo più visive che prevedono una ricompensa dopaminergica. Il contatto con l’ambiente naturale è limitato al parchetto sotto casa o a brevi gite fuori porta. L’esperienza diretta con la natura viene quindi considerata uno svago possibile e non un bisogno imprescindibile.

Siamo passati nel giro di qualche decennio, da bambini che giocavano nel cortile di casa insieme agli animali, andavano a scuola a piedi, si arrampicavano sugli alberi… al nuovo millennio, quello della digitalizzazione.
Purtroppo, la perdita del contatto diretto e immersivo con l’ambiente naturale e con le esperienze quotidiane a stretto contatto con animali, piante e terra, ha ricadute importanti sullo sviluppo cognitivo ed emotivo dei bambini.

Spesso il primo animale che arriva in casa è, per il bambino, il primo essere vivente non umano con cui avere interazioni ravvicinate. Cosa ci induce quindi, in un mondo “digitale”, a scegliere di adottare un gatto, un cane o un qualunque altro animale? A mio parere è quel richiamo ancestrale alla natura e all’animalità di cui facciamo parte e che ci richiama a volte inconsapevolmente, ma non posso negare il fatto che spesso è anche un desiderio egoistico, a cui a volte segue un’azione poco consapevole. Questo è dovuto anche al pensiero abbastanza diffuso che crescere con un animale sia una cosa positiva sempre e comunque: ecco quindi che si regalano animali ai bambini, pensando che la loro sola presenza sia di per sé positiva.

In effetti studi recenti hanno confermato che crescere con un animale in casa aumenta le facoltà cognitive, sociali ed empatiche dei bambini, ma basta la sola presenza? Ovviamente no, la mera presenza non è positiva né negativa. A fare la differenza invece è la relazione che si instaura tra bambino e animale.
La relazione può essere positiva in grado di veicolare aspetti e insegnamenti importanti, quando entrambe le parti si incontrano, si rispettano, si conoscono, comunicano e condividono emozioni. Chi può farsi promotore e curatore di questa relazione affinché possa sviluppare tutte le potenzialità insite in essa? Naturalmente, gli adulti.
Sono quest’ultimi che dovranno innanzitutto informarsi sulle caratteristiche etologiche della specie con cui si è scelto di convivere, per garantire tutti i parametri di benessere e favorire interazioni serene tra animale e bambino.

Dovranno essere presenti, mediare le interazioni, soprattutto in presenza di bambini sotto i sei anni, spiegare tramite gioco simbolico o racconti le caratteristiche dell’animale prescelto, sottolineare sempre le emozioni e ciò che l’animale o il bambino accetta o rifiuta in un determinato momento. È utile anche definire regole “auree” per stabilire confini e garantire la sicurezza di tutti: una sopra tutte e’ quella di non giocare mai utilizzando le mani ma avere sempre una sorta di medium tra se’ ed il gatto. Questo vale per tutti e per i bambini a maggior ragione.
Ma entriamo più nel dettaglio: che fare se arriva un neonato in una casa in cui vive un gatto? E se arriva un gattino nella casa in cui c’è già un bambino? Come sostenere la relazione bambino-gatto, affinché entrambi si sentano sicuri in presenza l’uno dell’altro? Scopriamolo insieme!
Ho un gatto e arriva un bambino
Finché i bambini sono lattanti dobbiamo garantire la sicurezza del neonato e per far questo dobbiamo lavorare preventivamente già durante la gravidanza. Il gatto dovrà conoscere i nuovi odori e i nuovi oggetti ancora prima della nascita del piccolo, in modo da non esserne spaventato trovandoseli in casa improvvisamente. Lasciamogli esplorare e marcare tutti gli oggetti che saranno del neonato: la culla, il lettino, i vestitini, le creme, i pannolini etc. Durante la degenza in ospedale, portiamo al micio alcuni indumenti usati del neonato per farli annusare.

All’arrivo a casa non forziamo il gatto a conoscere il bambino, ma lasciamo che sia lui ad avvicinarsi se vuole. Alcuni lo faranno subito, altri gatti ci metteranno qualche giorno. Non abbiate fretta e premiate sempre il micio con un bocconcino o una carezza. Se possibile non cambiate le routine quotidiane che gli avete riservato fino ad ora. Aumentate i luoghi di privacy per il vostro gatto, poiché potrebbe essere disturbato dai nuovi suoni e odori della casa (pianto del bambino, creme, pannolini…).
Con la crescita del bambino, cerchiamo di dividere bene i giochi e gli spazi affinché non si creino disagi e incidenti. Le ciotole dovranno sempre essere in un luogo sopraelevato sia per evitare che il bambino possa “inciamparci”, sia per motivi etologici propri della specie felina: il gatto in natura spesso consuma le sue prede in luoghi sopraelevati perché percepiti come sicuri e questo comportamento permane anche nei gatti di appartamento perché insito nel loro dna. Dal momento in cui il bimbo inizia a gattonare, sfruttiamo quindi il bisogno di verticalizzazione del micio, in modo tale che possa allontanarsi dal bambino, se ne sente la necessità. Prestiamo particolare attenzione anche alla lettiera: sarebbe poco igienico per il bambino metterci le mani e potrebbe creare disagio al gatto l’essere disturbato mentre fa i bisogni.

Verso l’anno e ancor più verso i 18 mesi del bambino, è importante iniziare a mostrare come approcciarsi al gatto in modo corretto, parlare del gatto e descrivere cosa fa. Dopo l’anno e mezzo si possono usare storie e libri che abbiano come protagonisti i gatti, usare il gioco simbolico, ad esempio con un peluche realistico, per far vedere come accarezzare il micio o simulare situazioni reali.
Verso i tre anni si può stimolare il bambino a fare piccole azioni di cura, ad esempio mettere i croccantini nella ciotola o preparare la cuccia al micio. I tre anni sono un’età importantissima, i bambini cominciano a sviluppare l’empatia, ed è quindi questo il momento per iniziare a parlare di emozioni, di rispetto reciproco e per spiegare alcuni semplici e comprensibili comportamenti del gatto.

Si dovrà iniziare a spiegare con parole semplici ciò che al gatto piace o non piace. Si potranno introdurre argomenti come la grande sensibilità del gatto ai rumori e alle manipolazioni, guidando i bambini ad un approccio delicato, mostrando come fare e sottolineando le risposte positive del gatto. Per far questo è utile far giocare il bimbo con il micio di casa: consiglio un primo approccio con le cannette o lunghi nastri per mantenere una certa distanza, per poi passare a giochi cognitivi o piccole ricerche olfattive di premietti. Sarà molto divertente e gratificante sia per il gatto che per i bambini.
Ricordo che il gatto, oltre ad essere predatore è anche preda, perciò tende a spaventarsi con urli o rumori forti ed è estremamente sensibile a livello cutaneo. Ai bambini si spiegherà come rispettare il gatto anche in queste sue caratteristiche: si possono usare supporti grafici come la mappa delle carezze o storie ed esempi quotidiani invitando il bambino ad osservare.

Dopo i sei anni si possono usare parole e storie più complesse per spiegare i comportamenti e per raffinare la comprensione della comunicazione del gatto. Si possono ingaggiare i bambini dando loro piccole responsabilità per prendersi cura del micio, sempre supervisionandoli e sostenendoli.
Ho un bambino e arriva un gatto
Se invece i bambini ci sono già e si è deciso di prendere un gatto come nuovo membro della famiglia, i suggerimenti sono pressoché gli stessi. Prima dell’ingresso in casa è consigliato preparare uno spazio dedicato ed esclusivo, almeno per i primi giorni, coinvolgere i bambini nei preparativi e avvertirli che il micio potrebbe essere spaventato, in tal caso andrà approcciato con delicatezza, cautela e senza fare troppo rumore. Si dovrà mediare attentamente perché probabilmente i piccoli umani saranno molto eccitati e felici del nuovo arrivo, mentre il gatto sarà disorientato e/o impaurito. Per iniziare bene c’è bisogno del senso di sicurezza: un gatto spaventato può marcare negativamente un soggetto e inficiare dall’inizio la relazione.

Il buon esito di una relazione
Come detto all’inizio, una relazione funziona dove c’è rispetto, conoscenza, incontro, emozione e comunicazione. Se si hanno le giuste conoscenze si può mediare tra gatti e bambini per mettere le basi per una meravigliosa amicizia che arricchirà il bagaglio culturale, sociale ed emotivo dei bambini e permetterà al gatto di avere un nuovo componente umano a cui riferirsi per giocare, mangiare e chissà, un giorno anche a cui chiedere aiuto.
I suggerimenti che qui avete letto sono fondamentali, ma generali: se sentite di essere in difficoltà, non abbiate paura a chiedere un parere agli esperti per il vostro specifico caso. Se il gatto con l’arrivo di una bimbo ( ma non solo) fa pipì fuori lettiera, è irritabile, si nasconde, aggredisce o sta tutto il giorno nascosto e apatico, chiedetevi il perché. Dopo aver fatto una visita veterinaria per escludere cause organiche, potete rivolgervi ad una consulente di relazione felina (un’esperta del comportamento del gatto) o ad un veterinario esperto in comportamento. Sarete tutelati e supportati nella meravigliosa avventura della convivenza multispecie e vi si aprirà una mondo nuovo.
Dott.ssa Nadia Gauzzi
Educatrice professionale
Consulente della relazione felina
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